venerdì 23 marzo 2012

Prefazione


Io, Claudio di Robert Graves, la vita dell’imperatore romano raccontata in un romanzo.  


La sua immagine è legata al mito dell’imperatore “bête”, un personaggio mediocre, infermo, balbuziente, finito quasi per caso nel tritacarne della grande Storia, che in Occidente è quella romana per antonomasia. Forse anche per questo, Claudio, quarto imperatore della dinastia giulio-claudia, è un personaggio perfetto per un’autobiografia immaginaria.


Archetipo dell’anti-eroe moderno, si presta infatti benissimo a raccontare l’inizio della decadenza dell’impero romano, magari muovendo anche un attacco all’autorevolezza della storiografia ufficiale (Tacito, Svetonio etc.). Si spiega così la decisione di Robert Graves, tra i più noti narratori e mitografi inglesi, di dedicare al divo Claudio una delle maggiori fiction storiche scritte nel secolo scorso.


Attraverso un’immaginaria autobiografia, Io, Claudio, ora ripubblicato da Corbaccio, racconta il declino di un’intera epoca attraverso una sottile introspezione psicologica, senza quasi mai cadere in banalità o riduzioni semplicistiche. Ed in effetti il sospetto che il personaggio descritto in modo così mediocre dagli storici non fosse affatto così ingenuo e sprovveduto, sorge a più riprese durante la lettura del libro.Ricoprire la prima carica dell’impero e sopravvivere ad autentici squali privi di scrupoli e determinati quali Livia, Tiberio, Caligola, Agrippina e Nerone, non è cosa da poco, specie quando regicidi e avvelenamenti diventano pratiche all’ordine del giorno.


Sulle orme dei grandi narratori dell’Ottocento – difficile non pensare al Murat di Alexandre Dumas – Graves raccoglie l’eredità del romanzo storico, sviluppandone i principali caratteri: critica della storiografia ufficiale, riabilitazione delle figure macchiate dallo stigma di perdenti, racconti ad alto tasso di suspense e soprattutto emozioni a go go.

Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico  (Lugdunum, 1º agosto 10 a.C.Roma, 13 ottobre 54 d.C)La morte, avvenuta il 12 ottobre, fu resa pubblica il 13, per timore della rivolta dei pretoriani.